Chi mi legge sa che non parlo mai di fatti personali, ma con l’odierno conferimento a mio padre del titolo di “Cittadino benemerito” credo che sia giusto travalicare i confini della sfera strettamente privata e ricordarlo, con l’amore e l’affetto di figlio, con una sua breve biografia.
(Lorenzo) Carlo Rutigliano nasce a Potenza nel 1926, ultimo di sette figli. La sua famiglia, originaria di Ordona (FG), si era trasferita nel capoluogo lucano ai primi del ‘900, al seguito di mio nonno, ferroviere. Nonostante le origini foreste, mio padre ha avuto sin dall’infanzia un grandissimo attaccamento alla città che gli ha dato i natali.
Ha iniziato gli studi come seminarista, per poi lasciare dopo il liceo ed iscriversi alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Napoli. È negli anni del seminario che, seguendo la vena artistica che lo ha sempre contraddistinto, ha approfondito gli studi di musica, organo e pianoforte.
Figlio di una famiglia certo non agiata, nel primo dopoguerra ha iniziato a muoversi nel mondo del lavoro, e negli anni ’50 è stato fra coloro che hanno concretizzato la cosiddetta ‘Riforma Fondiaria’ del 1952. In quegli anni lavorò a favorire e sostenere lo spostamento dei nuclei familiari dalle aree più svantaggiate dei comuni di Avigliano e Ruoti nelle aree del Metapontino, che erano state bonificate. Un’attività che, come è facile intuire, fu tutt’altro che facile. Parallelamente portava avanti le sue attività di natura più squisitamente artistico-culturale, sia in ambito musicale – è stato iscritto alla SIAE ed ha svolto l’attività di pianista e compositore – che teatrale.
Nel 1957 è nel gruppo del “Circolo amici dell’arte” che rappresenta la nostra città nella trasmissione RAI di “Voci e volti della fortuna”, l’antesignano della successiva Canzonissima. La partecipazione non fu particolarmente fortunata, ma fu la scintilla che lo motivò a perseguire la strada del sostegno alle nostre tradizioni.
A cavallo degli anni ’60, al termine dell’attività della Riforma Fondiaria, lavorò prima alla Democrazia Cristiana, per poi passare in Provincia come segretario del Presidente. In quegli anni inizia anche la sua attività giornalistica, come inviato de ‘il Popolo’.
Nei primi anni sessanta scrive, assieme a Tonino La Rocca, “XVIII Agosto 1860”, che è la prima opera teatrale in vernacolo. È interessante notare come il frontespizio del copione originale riporti la nota “per favorire l’esatta interpretazione di alcuni termini dialettali potentini oramai desueti, gli autori hanno compilato in appendice un piccolo glossario potentino”. L’idea di preservare storia, tradizioni e cultura della comunità che l’aveva forgiato rimarrà la stella della sua attività per tutta la sua vita.
Agli inizi degli anni ’60 collabora come pianista con la RAI, come parte del cast de ‘il Lucaniere’, il supplemento domenicale del ‘Corriere della Basilicata’. Una trasmissione molto attesa e seguita, che, con un’architettura analoga ai varietà TV dell’epoca, affrontava argomenti di stretta attualità con un taglio leggero, ma satirico. Sue erano le musiche originali e la direzione del complesso ‘I sentimentali’. Sempre con lo stesso gruppo, prese parte anche a varie puntate di “Sorella Radio”, un programma radiofonico nazionale presentato da Silvio Gigli, che andava in onda in diretta ogni settimana da un diverso ospedale del nostro paese. Alla trasmissione prendevano parte artisti di fama nazionale, con il supporto della risorse della sede RAI locale.
Negli stessi anni si consolida la sua attività di giornalista. C’è da notare che la Basilicata non ha avuto un suo quotidiano locale sino alla metà degli anni ’90, ma erano molte le testate nazionali che pubblicavano quotidianamente una o più pagine, con redazioni locali. È da quegli anni che inizia una intensa attività di pubblicista sia sulle testate nazionali (ricordo il Tempo, il Mattino, il Roma, la Gazzetta del Mezzogiorno), sia su periodici locali.
Nella seconda metà degli anni ’60 è nel gruppo fondatore de ‘la Compagnia del Teatro Stabile’, una realtà che nasce con lo scopo di promuovere sia l’attività strettamente teatrale, che la cultura potentina. È lui uno dei promotori della riorganizzazione della Sfilata dei Turchi, una festa che, pur sempre presente nel cuore dei nostri concittadini, non si era ripresa dallo shock del periodo bellico. La Compagnia presentò al Comune un progetto molto articolato, frutto di un lavoro di équipe, che disegnava la ricostruzione in chiave teatrale di quella che era la Sfilata a cavallo dell’inizio del secolo. Il lavoro fu lungo: i tre elementi simbolici (il tempietto, la barca ed il calesse, gli stessi che sono ancora in uso oggi) furono costruiti ex-novo nei laboratori del Comune di Montereale, e fu addirittura necessario spostare lungo il percorso alcuni cavi della distribuzione aerea di luce e telefono, che erano troppo bassi per l’albero della ‘barca’. Ma nel maggio del 1967 la Sfilata, ed il ‘Maggio Potentino‘ di cui era il fiore all’occhiello, vide una partecipazione massiccia di pubblico.
Dopo alcuni volumi minori, nel 1969 pubblica “Potenza dalle origini al secolo XVIII“, il primo volume di un suo progetto più generale, che aveva come finalità raccontare la storia della nostra città non dal punto di vista della precisa narrazione di uno storico, ma con un moderno taglio giornalistico. In appendice al volume è presente anche un lessico del dialetto potentino. C’è da considerare che in quegli anni la città stava subendo una profonda trasformazione, sia morfologica che sociologica, ed era già evidente il rischio di perdere – direi quasi dimenticare – un pezzo della nostra identità culturale. Rischio che, ahimè, si è puntualmente concretizzato.
Nel 1970 è nel gruppo di testa della neonata Regione Basilicata come capo dell’Ufficio Stampa, che imposta con un taglio per l’epoca estremamente moderno. Oltre all’usuale lavoro di comunicazione, con le modeste risorse dei primi anni organizza, fra l’altro, la produzione quotidiana di una rassegna della stampa – a supporto delle attività dell’ente – e avvia l’uso delle neonate tecnologie multimediali.
Nella metà degli anni ’80 è fra i fondatori ed il primo direttore di “Cronache di Potenza“, un settimanale formato tabloid di otto pagine che oggi definiremo free press. Cronache era uno strumento più agile e meno ingabbiato delle pagine locali dei quotidiani, e questo consentiva di affrontare in modo approfondito tematiche più strettamente locali. Cosa che, assieme alla qualità dei contenuti, diede al giornale grande visibilità e seguito. Giusto un episodio: Cronache era così seguito che il fabbricato delle case popolari di Rione Cocuzzo è chiamato “Il Serpentone” dal titolo a tutta pagina del servizio che il giornale realizzò all’inizio della sua costruzione.
Nel 1977 pubblica “Cento Cuntane“, il secondo libro del suo progetto, che riprende il racconto dal punto in cui era terminato il primo libro. Il testo, nel descrivere minuziosamente la toponomastica cittadina alla fine del 1800, costruisce uno spaccato della nostra città a 360 gradi, con quel moderno taglio giornalistico a lui tanto caro. Non mancano, peraltro, i riferimenti alla Potenza dei suoi giorni, ed è abbastanza sorprendente come quegli stessi riferimenti e considerazione, possono essere plasticamente proiettati sulla città di oggi. Se avete voglia di verificarlo direttamente, potete leggere qui il libro in pdf.
Due anni dopo, nel 1979, è fra i primi ad affrontare la nuova sfida del piccolo schermo, nel team che diede vita a TelePretoriaUno (TP1), una delle prime TV ‘libere’ della Basilicata, che iniziò le trasmissioni il primo gennaio del 1980. Per TP1 svolse due ruoli: quello giornalistico, in bonaria ma aperta competizione con gli amici del neonato TG///, ma anche quello di conduttore. Entrambi svolti con grande apprezzamento da parte del pubblico.
Nel 1981, mentre lavorava al terzo volume, dal titolo provvisorio di ‘La città di pietra’, scoprì di avere quel male incurabile che l’ha portato via in pochi mesi, ancora nel pieno della sua maturità.
Ci rimane il suo lavoro, da cui traspare evidente quell’amore profondo per la città in cui ha vissuto tutta la sua vita.